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Refill in caffetteria: dai progetti pilota alle strategie globali

Il monouso non è più sostenibile 

 

Il foodservice sta vivendo un momento di grande trasformazione. Cresce l’attenzione verso l’ambiente, si intensifica il quadro normativo, e i consumatori sono sempre più consapevoli. È il tempo di ripensare le abitudini, con uno sguardo responsabile e innovativo. 

 

Tra le sfide più urgenti, quella degli imballaggi monouso: bicchieri, tazze, coperchi e accessori usa e getta costituiscono una parte significativa dei rifiuti prodotti ogni giorno da bar e caffetterie. Ripensarli non è solo un dovere, ma un’opportunità per alzare l’asticella della qualità e costruire insieme un futuro più attento e sostenibile. 

 

Modelli a confronto: BYOC, prestito o default 

 

Tre strade, un’unica direzione: il riuso. Le caffetterie stanno sperimentando nuovi modelli per ridurre l’impatto degli imballaggi e aprire la strada a un consumo più consapevole. 

Il primo approccio è semplice, immediato: ognuno porta la propria tazza e riceve un piccolo sconto. Il BYOC, Bring Your Own Cup,  è ormai familiare, ma lascia tutta la responsabilità in mano al cliente. Non cambia la logica del servizio, e restano dubbi sull’igiene e sulla reale efficacia. 

 

Il secondo modello è quello del prestito: il cliente prende una tazza riutilizzabile, paga una cauzione (fisica o digitale), e la restituisce in uno dei punti convenzionati. È una soluzione più complessa da implementare, ma anche più efficace in termini di tracciabilità e standardizzazione. In molti casi, è supportata da app o QR code, che facilitano la gestione dei flussi e incentivano la restituzione. 

 

Il terzo è il cambio di passo: rendere il riuso la regola, non l’eccezione. In questo schema, non esiste una “scelta” tra riutilizzabile e monouso: se bevi al tavolo, ricevi automaticamente una tazza lavabile. Francia e Corea del Sud stanno già adottando questo approccio in modo sistemico, con risultati misurabili. 

 

 

Petaluma: la città laboratorio della California 

 

Negli Stati Uniti, dove il monouso è la norma e il riuso ancora poco diffuso, stanno emergendo casi virtuosi. Uno dei più emblematici è quello della città di Petaluma, in California. Qui, nel 2024, il consorzio NextGen , un’alleanza tra grandi brand del foodservice come Starbucks, McDonald’s e Coca-Cola,  ha lanciato, insieme a Closed Loop Partners, società d’investimento specializzata in economia circolare, un progetto pilota ambizioso: sostituire completamente le tazze monouso in 30 locali della città con un sistema di prestito, gestito tramite tecnologia digitale.

 

In appena 12 settimane, il sistema ha permesso di raccogliere oltre 220.000 tazze restituite correttamente ed ha coinvolto 30 locali. Il tasso di ritorno ha superato il 51%, una soglia che ha consentito di raggiungere il break-even ambientale, ovvero il punto in cui il riuso diventa più sostenibile rispetto al monouso. Il progetto ha dimostrato che, se la logistica è ben disegnata e i partner coinvolti, i consumatori rispondono positivamente

Altre città americane stanno seguendo lo stesso percorso, utilizzando fondi pubblici o partnership private per costruire infrastrutture di riuso. L’effetto “città laboratorio” è oggi una delle leve più efficaci per testare soluzioni scalabili. 

 

Europa: tassi di ritorno oltre il 75% 

 

Se negli Stati Uniti il riuso è ancora in fase sperimentale, l’Europa si muove con passo più deciso. Le esperienze si moltiplicano, si consolidano, fanno rete. 

Nel 2024, Zero Waste Europe, una rete europea no-profit che promuove politiche e soluzioni concrete per ridurre i rifiuti e favorire il riuso, ha pubblicato il primo European Reuse Barometer, analizzando 90 soluzioni attive in ambito food, delivery ed e-commerce. Il risultato è chiaro:  il 78% di queste soluzioni raggiunge tassi di ritorno superiori al 75%

 

Questa soglia è considerata il punto critico per la sostenibilità del sistema: al di sotto, i costi (logistici, ambientali ed economici) superano i benefici. Al di sopra, il riuso diventa una scelta vincente. 

In Francia, il riuso è diventato legge. Dal 2023, grazie alla normativa AGEC, tutte le catene di ristorazione veloce devono servire i consumi sul posto in contenitori riutilizzabili. McDonald’s ha risposto con bicchieri rigidi e impilabili, un segno concreto di adattamento. Ma la transizione ha portato anche nuove sfide: furti, costi di lavaggio, gestione logistica. Il cambiamento richiede struttura, ma apre scenari di lungo periodo. 

Anche la Germania ha scelto una via chiara: ogni drink da asporto deve poter essere servito in un contenitore riutilizzabile. Brand come Costa Coffee e Pret A Manger si sono attivati con soluzioni a cauzione, visibilità in-store e un approccio pratico, che accompagna il cliente passo dopo passo. Più che un obbligo, un’occasione per innovare l’esperienza d’acquisto. 

 

Taiwan e l’effetto normativo 

 

In Asia è Taiwan a fare scuola. Dal luglio 2022, il governo ha vietato l’uso di bicchieri monouso in plastica nei negozi di bevande e nelle catene fast-food. Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Ambiente, aggiornati al 2024, l’uso di bicchieri monouso si è ridotto del 17% e sono stati sostituiti circa 790 milioni di tazze. Inoltre, 198.000 tazze riutilizzabili sono state distribuite in tutto il paese per creare un circuito di “borrow-a-cup". 

 

La forza del modello taiwanese sta nella combinazione tra normativa, infrastruttura logistica e educazione pubblica. Un esempio che sta ispirando anche altri paesi asiatici. A Singapore, ad esempio, è in fase di test un sistema di prestito con cauzione digitale, QR code e centri di lavaggio centralizzati. 

 

Qual è il punto di equilibrio? 

 

Affinché il riuso funzioni, è necessario raggiungere una soglia minima di ritorno delle tazze: il famoso 70–75%. Al di sotto, i costi di produzione, raccolta e sanificazione superano quelli ambientali del monouso. Al di sopra, il sistema diventa virtuoso. Il “break-even” ambientale di una tazza rigida si raggiunge tra i 10 e i 20 utilizzi, a seconda del materiale e del metodo di lavaggio. 

 

Questo rende cruciale il design del contenitore: deve essere impilabile, resistente, facilmente lavabile e riconoscibile. Le realtà più evolute stanno già integrando lavanderie industriali, flotte di raccolta a basse emissioni e dashboard per monitorare in tempo reale tasso di ritorno, tempi di rotazione e perdite. 

 

Il futuro è refill 

 

Il refill nelle caffetterie non è più un trend di nicchia: è una trasformazione strutturale, sostenuta da dati concreti, esperienze internazionali e pressioni normative. I modelli stanno evolvendo rapidamente e le tecnologie abilitanti sono ormai disponibili. 

Per i professionisti del foodservice, il momento è ora: iniziare a testare, osservare i dati, coinvolgere i clienti e costruire sistemi di riuso che funzionino davvero. 

Sigep Vision sustainability

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